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Brevi FAQ per chi ha paura di investire

Chi si ritrova, per eredità o per aver risparmiato, con un grande o piccolo capitale da parte, non può che domandarsi quale sia la cosa giusta da fare con i suoi soldi? Investire o risparmiare?
Si tratta di dubbi comuni e anche legittimi. Ma non del tutto fondati.
Anche se investire (in una casa o in un fondo finanziario) può spaventare invece che, come dovrebbe, rasserenare e infondere fiducia in un futuro economicamente più sereno, la realtà (e i numeri) dicono un’altra cosa: gli investimenti, in linea di massima, portano guadagno.

 

Proviamo a rispondere ad alcune domande semplici che chi sta valutando di investire può porsi.

 


1. Cosa succede ai miei risparmi se li lascio fermi sul conto corrente?


La risposta è semplice: niente. Il che non è necessariamente una buona notizia. Sia perché significa che non crescono (se non per i soli interessi del conto corrente, in genere piuttosto bassi) sia perché, stando fermi, rischiano di depauperarsi e di perdere valore per effetto dell’inflazione.

 


2. Se investo, non c’è rischio di perdere quel che ho risparmiato?


La risposta è, come spesso nella vita, “dipende”. Esistono investimenti più rischiosi e altri meno. In genere quelli rischiosi danno un guadagno molto grande in breve tempo, ma lo accompagnano con la possibilità, altrettanto vertiginosa, di avere grandi perdite in pochi giorni. Gli investimenti più solidi, invece, garantiscono guadagni più moderati ma, in linea di massima, costanti nel tempo, e hanno un profilo di rischio (cioè una possibilità di essere in perdita) molto scarsa.

 


3. Come posso distinguere un investimento rischioso da uno più sicuro?


Il tasso di rischio di ogni investimento è chiaramente indicato nel prospetto informativo che lo accompagna. Esistono vari tipi di indici che danno la misura della ‘rischiosità’ di ogni scelta: i più diffusi sono l’indice VaR (Value at Risk) e l’Indice di Sharpe. In linea di massima, se il Var sarà alto l’esposizione a eventuali perdite (ma anche guadagni) cui ci avviamo sarà maggiore. Al contrario un buon indice di Sharpe indica un buon rapporto rischio/rendimento.

Per questo possiamo dire che, per quanto non esistano, mai, investimenti a 0 rischio (perché sarebbero anche a 0 guadagno), di fatto non esistono nemmeno investimenti ‘a sorpresa’: l’indice di rischio di ogni investimento deve essere sempre chiaramente leggibile.

 


4. Meglio far da soli o affidarsi a un gestore?


Internet ha reso facile per tutti avventurarsi nel trading on line, ma raramente il fai da te si rivela una buona idea. Spesso (non esistono statistiche ufficiali, ma si ipotizza una percentuale del 90% del totale degli investitori fai da te) chi si avventura in borsa guidato dal solo istinto, si ritrova con un pugno di mosche o, addirittura, con meno denaro di quello investito in partenza.
Meglio affidarsi a un professionista che, per lavoro, si occuperà di comporre il nostro portafoglio nel modo più composito possibile calibrando titoli e investimenti, così da portare al massimo la possibilità di guadagno e da ridurre al minimo quella di perdite e da suggerirci investimenti coerenti con la nostra situazione economica e con il nostro profilo di rischio.

 


5. Come si compone un portafogli che mi faccia dormire tranquillo?


Per creare un portafoglio nel quale i rischi siano ridotti al minimo è stata creata la “asset allocation”. Si tratta del metodo necessario a creare un portafoglio titoli che sia il più composito e profittevole possibile. Il sito di Borsa Italiana definisce l’asset allocation come “il processo con il quale si decide in che modo distribuire le risorse fra diversi i possibili investimenti. Le principali categorie di investimenti entro cui si orienta questa scelta possono essere suddivise in attività finanziarie (azioni, obbligazioni, liquidità) o attività reali (immobili, merci, metalli preziosi, etc.)”

 


6. Come posso conoscere la mia propensione al rischio?


È molto semplice. Quando ci si rivolge a un gestore finanziario, questi sottopone al suo nuovo cliente un questionario. Tranquilli, non si tratta di un test di personalità! Si tratta domande relative all’obiettivo dell’investimento (guadagnare in breve termine, consolidare un risparmio, avere una rendita, ecc…), alla situazione patrimoniale e alla conoscenza ed esperienza dei prodotti finanziari.
In base alle risposte date, sarà stilato il profilo MiFID (Markets in Financial Instruments Directive) dell’investitore. Ognuno di noi può ricadere in cinque macrocategorie: cauto; prudente; bilanciato; dinamico; aggressivo.
Sulla base del profilo emerso, il gestore finanziario avrà l’obbligo di proporre investimenti coerenti: in nessun caso potrà far sottoscrivere a un investitore cauto un investimento aggressivo e viceversa.

 

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